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di Claudio Fava

Informazioni / cast di Claudio Fava

Monologo teatrale con Roberto Citran
Regia di Ninni Bruschetta
Scene di Antonio Panzuto

Trent’anni, poco meno: lo spazio che separa un padre da un figlio. Il padre morto, ucciso dalla mafia. Il figlio che si fa uomo, che diventa anch’egli padre, che accumula il tempo trascorso dentro di sé. E che questo tempo vuole raccontarlo. Non per celebrare un lutto o per ricordare un morto ma per capire cosa accadde dopo.

Dopo: quando il morto fu seppellito, quanto tutto sembrò risolto, appagato, ammansito. E invece fu allora che cominciò la storia: la verità negata, stravolta dalla viltà dei vivi, le indagini depistate, le vittime indagate, il ricordo profanato. Come accade sempre quando Cosa Nostra uccide: perché ammazzare non basta mai, bisogna poi accanirsi sulla memoria, smembrarla a morsi, logorarla con l’oblio.

Nel nome del padre” racconta la ribellione a quest’oblio, la rivolta contro la prudenza dei giusti, è il sofferto rammentare l’omertà che accompagnò quel delitto. Ed è anche una memoria rivolta a questo padre che se n’è andato senza sapere, senza capire cosa stava per accadere. Un modo per chiamarlo in causa, per condividere con lui il prezzo di questi anni senza gloria. Perché ciò che è terribile non è morire: è finire, rassegnarsi, parlar d’altro. 

 

Il monologo è tratto dal libro

Nel nome del padre

pubblicato da Baldini & Castoldi

Durata 60 minuti

Appunti per lo spettacolo

Quando ho letto il libro di Claudio Fava ho provato un grande dolore per lo strappo subìto a causa di una morte violenta, un uccisione: l’omicidio del padre. Qualcosa di terribile che si fa fatica solo a immaginare, che pensi possa accadere giusto in certi film, come tanti di quelli che ho visto nel passato che parlavano di mafia. E che magari, all’uscita dal cinema, mi provocavano rabbia e odio profondo per un mondo, che comunque, stentavo a riconoscere. Forse, perché geograficamente lontano dal mio.

Mettere in scena questo testo ha significato per me un tentativo di accorciare questa distanza. Attraverso la drammaturgia teatrale, ho cercato di far vivere, o meglio di condividere con lo spettatore, l’esperienza di un omicidio per mafia, cosa rivela e cosa significa per i parenti.

Nello spettacolo, tratto dal libro omonimo “Nel nome del Padre”, si racconta questa terribile esperienza con grande pudore senza mai comunicare sentimenti di vendetta o senza mai usare toni di autocommiserazione. Si entra nei dettagli della vicenda raccontando la realtà così com’è stata e non come si è voluto far credere.

Il testo, sotto forma di lettera, è stato scritto a trent’anni di distanza dall’omicidio (gli stessi che separavano Claudio dal padre), quando l’autore stava per compiere gli anni del padre al momento della sua uccisione.

Parla di un omicidio commesso dalla mafia, di come si sia tentato per anni di seppellire la verità, depistando indagini, corrompendo giudici, stravolgendo la realtà dei fatti. Ma parla anche di come un figlio non si sia voluto mai rassegnare, non abbia mai rinunciato a cercare la verità e come questa ricerca abbia rappresentato per lui un atto di ribellione, ricostruendo pezzo per pezzo ciò che è accaduto, e insieme anche la propria vita.

Roberto Citran

“…Altro non serve per arrivare al cuore e alla mente dello spettatore: bastano tre seggiole – una rivolta all’indietro, una in avanti, l’altra rovesciata a terra – e un grande telo bianco sul fondale, che la brezza leggera della calda serata agli Ezzelini muove a tratti, come una vela che porta lontano, o un velo che si solleva sulla verità o forse una coscienza che si scuote. E basta la cadenza veneta di Citran, appena spezzata qua e là da citazioni in siciliano: perché la mafia, questo il senso, non ha confini. Pubblico partecipe e applausi convinti per la prima di uno spettacolo che merita attenzione…” di Alessandra Agosti per Il Giornale di Vicenza

 

“…In nome del padre è un bell’esempio di teatro non solo civile ma anche politico, non gridato, intimista e allo stesso tempo corale, che affronta una delle piaghe irrisolte della nostra società, la mafia, con le sue collusioni a ogni livello, scritto e interpretato con una profondità, con una lucidità così forte che ci piacerebbe vederlo in scena non solo nei teatri ma nelle nostre scuole..” di Maria Grazia Gregori per L’Unità

Per informazioni:

Teatro Stabile Verona

Tel. 045 800 61 00

e-mail: [email protected] / [email protected]