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26-27-28-29-30 novembre – 1 dicembre

regia Antonio Calenda

Informazioni / cast

di Henrik Ibsen
con Manuela Mandracchia
e Luciano Roman

Il Rossetti Teatro Stabile di Trieste
Compagnia Enfi Teatro

Autore, opera e regia
Considerato il padre della drammaturgia moderna, Henrik Ibsen (1828-1906) tratteggia con spietata verità il conflitto tra individuo e società del suo tempo evidenziandone le contraddizioni e il profondo maschilismo. Assieme ad August Strindberg, di vent’anni più giovane, Ibsen è uno dei maggiori esponenti del teatro ottocentesco di cui riprende i modelli orientandoli però verso prospettive nuove.

Scritto nel 1890 e rappresentato l’anno successivo a Monaco di Baviera dove ebbe un’accoglienza gelida per la sua vena provocatoria, il dramma Hedda Gabler è incentrato su un’austera figura femminile, consapevole del proprio fascino eppure fragile, desiderosa di acquisire libertà e indipendenza eppure chiusa in un vortice di egoismo, odio e gelosia.

Nel tempo, Hedda è stata letta in vari modi e spesso come una sorta di femminista ante litteram. Di certo è un personaggio che non rispecchiava per nulla l’ideale di donna in voga all’epoca e sicuramente può essere considerata una delle più problematiche e seduttive figure femminili create da Ibsen. Rispetto a Nora, la protagonista di Casa di bambola, Hedda ha sicuramente più sfaccettature. Entrambe rispecchiano comunque il pensiero e i nodi tematici che stanno a cuore all’autore che ne descrive nel profondo ogni contraddizione e spinta emotiva.

«È in questo tormento scuro – scrive il regista Antonio Calenda – la chiave che rende moderni i suoi personaggi e che permette loro di conquistare tuttora artisti e pubblico. Capace com’è di scavare nel pozzo nero dell’inconscio e di raccontare attraverso il suo teatro inquietudini di assoluta attualità, Ibsen è una sorta di gemello di Freud, forse persino più geniale. Se Freud esterna da scienziato le proprie scoperte, Ibsen lo fa da artista… Depista, accenna, occulta, ma dalle pieghe del linguaggio, dalle ombre interiori è facile intuire quanti fantasmi incestuosi padre-figlia e quanti drammi psicologici popolino la scena, quanto l’oscurità abbia da rivelare.

Hedda Gabler – prosegue Calenda – è una creatura non catalogabile, carica di tensione, fuggente e perciò teatralmente di una bellezza assoluta. È come se costruisse una pluralità di drammi all’interno dello stesso dramma cambiando se stessa nel rapporto con ogni rappresentante del mondo maschile, nessuno dei quali può ambire al posto del padre».

Trama
Figlia del generale Gabler, Hedda ha accettato, per ragioni economiche, di sposare lo scialbo intellettuale Tesman che aspira a una cattedra universitaria. A scrollarla dalla perenne insoddisfazione che neppure la gravidanza riesce ad attutire, contribuisce l’arrivo di Lovborg, suo antico spasimante, intellettuale geniale e dissoluto che pure mira a una cattedra universitaria. Ad aiutarlo in quest’obbiettivo potrebbe essere l’ultima opera che ha scritto e di cui è particolarmente fiero.

Una sera, ubriaco, Lovborg perde il prezioso manoscritto. Lo ritrova Tesman che vorrebbe restituirlo al legittimo proprietario ma Hedda glielo impedisce. Quando Lovborg le confessa la sua disperazione, la donna lo incoraggia a uccidersi fornendogli lei stessa la pistola. Ma i suoi intrighi non le riserveranno una fine migliore: il viscido giudice Brack, da sempre invaghito di Hedda e a conoscenza della verità, la metterà davanti a un ricatto per lei inaccettabile.

Durata: 2 ore e 45 minuti, compreso l’intervallo